COMPUTO PERIODO 36 MESI

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Direzione generale per l’Attività Ispettiva
INTERPELLO N.32/2012
prot. 37/0018938  All’ Assolavoro
Roma, 19 ottobre 2012  

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – L. n. 92/2012 (riforma lavoro) – contratto di lavoro a tempo determinato – computo del periodo massimo di trentasei mesi.
L’Assolavoro ha presentato istanza di interpello al fine di conoscere il parere di questa
Direzione generale in ordine alla corretta interpretazione del disposto normativo ex art. 5, comma 4 bis, D.Lgs. n. 368/2001, afferente al computo del periodo massimo di occupazione del lavoratore in caso di successione di più contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti.


In particolare, l’istante chiede se sia possibile per un’azienda utilizzatrice, una volta esaurito il periodo massimo di trentasei mesi consentito dalla legge, far ricorso al contratto di somministrazione a tempo determinato nei confronti del medesimo lavoratore.


In via preliminare, occorre ricordare che prima dell’entrata in vigore della Legge n. 92/2012, l’articolo 5, comma 4 bis, D.L gs. n. 368/2001 prevedeva che "qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi (…) il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato”.


Rispetto alla previgente disciplina, la nuova formulazione stabilisce che, ai fini del calcolo del periodo massimo di trentasei mesi, “ si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti, ai sensi del comma l bis dell’articolo1 del presente decreto e del comma 4 dell’articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, inerente alla somministrazione di lavoro a tempo determinato".


La novella normativa è, principalmente, finalizzata a scongiurare l’elusione della disciplina limitativa. Conseguentemente, come già chiarito da questo Ministero con circ. n. 18/2012, a far data
dal 18 luglio u.s. “nel limite dei 36 mesi andranno computati anche i periodi di occupazione –
sempre con mansioni equivalenti – formalizzati attraverso una somministrazione a tempo
determinato. È stato, altresì, chiarito con la citata circolare che il periodo massimo costituisce solo “un limite alla stipulazione di contratti a tempo determinato e non – invece - al ricorso alla
somministrazione di lavoro .
Ne deriva che, una volta raggiunti i trentasei mesi, il datore di lavoro potrà ricorrere alla somministrazione a tempo determinato con lo stesso lavoratore .
Del resto, il Legislatore, con la disposizione in esame, ha inciso sulla disciplina regolatrice
del contratto a tempo determinato di cui al D.Lgs. n. 368/2001 e non sulla normativa relativa alla
somministrazione a tempo determinato di cui al D.Lgs. n. 276/2003; ciò in quanto i due istituti
contrattuali rappresentano degli strumenti di flessibilità differenti.
 È dunque evidente che il Legislatore non ha introdotto  ex novo nel nostro ordinamento un limite legale di durata alla somministrazione di lavoro a tempo determinato.
Tale soluzione interpretativa trova peraltro conferma nella diversa disciplina comunitaria
posta a fondamento dei due istituti.
La direttiva comunitaria sul lavoro a tempo determinato (1999/70/CE), recepita con il
D.Lgs. n. 368/2001, ha imposto agli Stati membri, per prevenire gli abusi “ derivanti dall’utilizzo di
una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato ”, richiedendo misure
restrittive anche alla durata massima dei contratti (clausola 5). La stessa Direttiva, tuttavia, nel
preambolo, esclude l’applicabilità dei principi ivi contenuti ai lavoratori a termine “messi a
disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro interinale, evidenziando
pertanto come alla somministrazione di lavoro non trovino applicazione le restrizioni in argomento.


Inoltre va ricordato che, ai sensi dell’art’art. 22, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003, “ in caso di somministrazione a tempo determinato il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore di lavoro è soggetto alla disciplina di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, per quanto compatibile, e in ogni caso con esclusione delle disposizioni di cui all’articolo 5, commi 3 e seguenti ” (fra cui, pertanto, anche il limite dei trentasei mesi di cui al comma 4 bis dello stesso art. 5).
In materia di somministrazione di lavoro restano comunque ferme le disposizioni limitatrici
introdotte dalla contrattazione collettiva.
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, in risposta al quesito avanzato, si ritiene dunque
che un datore di lavoro, una volta esaurito il periodo massimo di trentasei mesi, possa
impiegare il medesimo lavoratore ricorrendo alla somministrazione di lavoro a tempo
determinato.

PS: Aggiornamento sulla disciplina della regolamentazione leggi: il nuovo contratto a tempo determinato

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